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126 un dramma in aria.

ascensioni, in una delle quali urtò contro un albero, ed essendoglisi sparso sulle vesti lo spirito della lampada, fu coperto di fiamme ed il suo pallone incominciava ad infiammarsi, quando potè ridiscendere semibruciato.

«Finalmente, il 21 settembre 1812, egli fece un’altra ascensione a Bologna. Il pallone si aggrappò ad un albero e di nuovo la lampada vi appiccò il fuoco, e Zambecarri cadde e si uccise.

«E coll’esempio di codeste gesta, esiteremo noi? Noi più su andremo, e più gloriosa sarà la morte!»

Il pallone, essendo stato interamente alleggerito di tutti gli oggetti che conteneva, noi fummo trasportati ad altezze inapprezzabili. L’aerostato vibrava nell’atmosfera. Il menomo rumore faceva eccheggiare le vôlte celesti. Il nostro globo, il solo oggetto che impressionasse la mia vista nell’immensità, sembrava si annientisse, e sopra di noi il cielo stellato si perdeva nelle tenebre profonde.

Vidi l’incognito rizzarmisi innanzi.

«Ecco l’ora, mi disse; bisogna morire; noi siamo respinti dagli uomini! Essi ci disprezzano! Schiacciamoli!

— Grazie, dissi io.

— Tagliamo queste corde, abbandoniamo nello spazio la navicella; muterò la direzione della forza attrattiva, ed arriveremo al sole.

La disperazione mi scosse. Mi avventai sul pazzo, ci afferrammo corpo a corpo e lottammo, ma io fui atterrato, ed intanto che il pazzo mi teneva sotto il ginocchio, tagliava le corde della navicella.

«Uno.

— Mio Dio....

— Due, tre...!

Feci uno sforzo sovrumano, mi rizzai e respinsi con impeto l’insensato.

«Quattro! disse egli.

La navicella cadde, ma istintivamente io mi aggrappai alle corde e salii fra le maglie della rete.