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capo vi. 27



VI.


In cui Franz Niklausse e Suzel van Tricasse formano alcuni disegni d’avvenire.


I nostri lettori sanno che il borgomastro aveva una figlia, la signorina Suzel, ma per quanto sieno perspicaci, non hanno potuto indovinare che il consigliere aveva un figlio, il signor Franz, e quand’anche l’avessero indovinato, nulla poteva fare loro indovinare che Franz fosse il fidanzato di Suzel. Aggiungeremo che queste due creature eran fatte l’una per l’altra e che si amavano come si suole amare a Quiquendone.

Non bisogna già credere che i giovani cuori non battessero in quella città eccezionale, solo battevano con una certa lentezza. Ci si andava a nozze come in ogni altro paese del mondo, ma ci si metteva il suo tempo. I promessi, prima di avvilupparsi nei terribili legami, volevano studiarsi, e gli studii duravano dieci anni, come in collegio. Era raro che uno fosse promosso prima di questo tempo.

Sì, dieci anni! Dieci anni intieri si faceva l’amore! E vi par troppo quando si tratta di vincolarsi per tutta la vita? Si studia dieci anni per essere ingegnere o medico, avvocato o consigliere di prefettura, e si vorrebbe acquistare in minor tempo le cognizioni necessarie per formare un marito? È inamissibile, e dipenda da temperamento o da riflessione, i Quiquendonesi ci paiono nel vero se così prolungano i loro studii. Quando si vedono nelle altre città, libere ed ardenti, compiersi i matrimonii in pochi mesi, bisogna stringersi nelle spalle ed affrettarsi a mandare i propri figliuoli e le proprie figliuole al collegio od al convitto di Quiquendone. Dove si citava da un mezzo secolo un solo matrimonio fatto in due anni e che aveva arrischiato di volgere a male!