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52 un capriccio del dottor ox.


Qui il borgomastro in persona prese la parola e con un improvviso sublime fece giustizia dei pusillanimi che mascherano la paura sotto il velo della prudenza, velo che egli lacerò con mano da patriota. In quel momento si avrebbe potuto credere che la sala dovesse crollare, sotto gli applausi. Si gridò ai voti. E si votò per acclamazione, e le grida raddoppiarono:

«A Virgamen, a Virgamen!»

Il borgomastro prese allora a mettere le armate in movimento, ed in nome della città promise a quello de’ suoi futuri generali che tornasse vincitore gli onori del trionfo, come si usava al tempo dei Romani.

Nondimeno il farmacista Josse Liefrinck, che era un po’ cocciuto, non voleva darsi per vinto, benchè in verità lo fosse, volle fare ancora un’osservazione e fece notare che a Roma il trionfo non si accordava al generali vincitori se non quando avevano ucciso cinque mila uomini al nemico.

«Ebbene, ebbene! gridò l’uditorio delirante.

— Ebbene, siccome la popolazione del comune di Virgamen giunge solo a 3,575 abitanti, sarà difficile, se pure non si uccida più volte la medesima persona...

Ma non si lasciò terminare il disgraziato argomentatore, il quale tutto confuso ed ammaccato fu messo fuor dell’uscio.

«Cittadini, disse allora il droghiere Pulmacher che vendeva droghe al minuto, cittadini, checchè abbia detto questo vigliacco farmacista, m’impegno io di ammazzare cinque mila Virgamenesi, se volete accettare i miei servigi.

— Cinque mila e cinquecento! gridò un patriota più risoluto.

— Sei mila e seicento! ribattè il farmacista.

— Sette mila, gridò l’offelliere della via Hemling, Giovanni Orbideck, il quale stava facendosi ricco colla panna montata.

— Aggiudicato! gridò il borgomastro van Tricasse vedendo che nessuno offriva di più.

Ed ecco in qual modo l’offelliere Giovanni Orbideck divenne generale in capo dell’esercito di Quiquendone.