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54 un capriccio del dottor ox.



XIII.


In cui si prova una volta di più che da un luogo elevato si dominano tutte le umane piccolezze.


«Voi dite? domandò il borgomastro van Tricasse al consigliere Niklausse.

— Dico che questa guerra è necessaria, rispose il consigliere con accento determinato, e che è venuto il tempo di vendicare la nostra ingiuria.

— Ebbene io, rispose bruscamente il borgomastro, vi ripeto che se la popolazione di Quiquendone non approfittasse di questa occasione per vendicare i suoi diritti, sarebbe indegna del suo nome.

— Ed io vi sostengo che noi dobbiamo, senza indugio, riunire le nostre coorti e spingerle innanzi.

— Davvero, signore, davvero? rispose van Tricasse, ed è a me che parlate così?

— A voi, signor borgomastro, e dovete intendere la verità per quanto sia dura.

— L’intenderete voi stesso, signor consigliere, ribattè van Tricasse fuori di sè; essa uscirà meglio dalle mie labbra che dalle vostre! Sissignore, ogni ritardo sarebbe disonorante. Sono oramai novecento anni che la città di Quiquendone aspetta il momento della rivincita, e checchè voi possiate dire, vi convenga o no, moveremo contro l’inimico.

— Ah! la pigliate su questo tono, rispose il consigliere Niklausse; ebbene sappiate, signore, che noi daremo l’assalto anche senza di voi se non volete venirci.

— Il posto d’un borgomastro è in prima fila, signore.

— E quello d’un consigliere anche, signore.