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72 mastro zaccaria.

vostro cuore. Voi conoscete le singolari abitudini di mastro Zaccaria. Chi può leggergli in fronte i segreti pensieri? Qualche noia gli è senza dubbio toccata, ma domani non se ne ricorderà più e si pentirà in fede mia d’essere stato cagione d’affanno alla sua figliola.

Era Aubert che così parlava, fissando gli sguardi nei begli occhi di Geranda. Aubert, il solo operaio che mastro Zaccaria avesse mai ammesso nell’intimità de’ suoi lavori poichè ne apprezzava l’intelligenza, la discrezione e la bontà d’animo. Aubert si era affezionato a Geranda con quella fede misteriosa che presiede ai sagrifici eroici.

Geranda aveva 18 anni. L’ovale del suo viso ricordava quello dell’ingenue madonne che la venerazione sospende ancor oggi alle cantonate delle vie delle vecchie città di Bretagna. I suoi occhi respiravano un’infinita semplicità; la si amava come la più soave incarnazione del sogno d’un poeta. Le sue vesti avevano colori poco appariscenti, ed i colletti che le si piegavano sulle spalle avevano quella tinta e quel profumo proprio delle biancherie da chiesa. Essa viveva d’un’esistenza mistica in quella città di Ginevra che non si era ancora data all’aridità, del calvinismo. Allo stesso modo che sera e mattina essa leggeva le preghiere latine nel messale a fermaglio, Geranda aveva letto un sentimento nascosto nel cuore di Aubert Thun, l’affetto profondo che il giovane operaio aveva per lei.

In fatti agli occhi di costui il mondo intero si condensava in quella vecchia casa dell’orologiere, e tutto il suo tempo lo passava presso alla giovinetta, quando finito il lavoro lasciava l’officina del babbo di lei.

La vecchia Scolastica vedeva ciò, ma non ne diceva verbo e preferiva esercitare la propria loquacità sulle disgrazie del suo tempo e sulle piccole miserie di casa. Non si cercava già di arrestarla, avveniva di lei come di quelle scatole da musica che si fabbricavano a Ginevra, una volta montata sarebbe stato necessario spezzarla perchè ella non ripetesse tutte le sue ariette. Trovando Geranda in una dolorosa taciturnità, Scolastica lasciò la vecchia sedia di legno, fissò un cero sulla punta