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96 mastro zaccaria.

ma d’un tratto si intese un rumore stridente, mastro Zaccaria mandò un grido....

La maggior freccia del quadrante, giunta al mezzodì, si era arrestata e mezzodì non suonò. Geranda si precipitò in aiuto del babbo che, caduto senza movimento, fu trasportato fuori della chiesa.

«È il colpo di morte, pensò Geranda singhiozzando.

Mastro Zaccaria, ricondotto in casa sua, fu coricato in uno stato di completo sfinimento. La vita più non esisteva in lui che alla superficie del corpo, come le ultime spire di fumo che si librano sopra una lampada appena spenta.

Quando tornò in sè, Aubert e Geranda erano curvati sopra di lui; in quel supremo momento l’avvenire prese agli occhi suoi la forma del presente. Vide la figlia sola senza appoggio.

«Figlio mio, disse egli ad Aubert, ti do mia figlia, e stese la mano verso i due giovani che furono così uniti a quel letto di morte.

Ma subito mastro Zaccaria si drizzò con impeto di rabbia; gli tornarono in mente le parole del vecchietto.

«Non voglio morire! Non posso morire! Io, mastro Zaccaria, non devo morire.... i miei libri!... i miei conti....

E così dicendo, balzò fuori del letto e mosse verso un libro in cui si trovavano scritti i nomi delle pratiche al pari dell’oggetto che aveva loro venduto. Sfogliò quel libro avida mente e fissò il dito scarno sopra una delle pagine.

«Ecco disse, ecco, quel vecchio orologio di ferro venduto a Pittonaccio, è il solo che non mi si abbia ancora riportato. Esso esiste, esso cammina, esso vive sempre, ah, io lo voglio, io lo ritroverò, ne avrò tanta cura che la morte non avrà più presa sopra di me.

E svenne.

Aubert e Geranda si inginocchiarono accanto al letto e pregarono insieme.