Pagina:Verne - Racconti fantastici, 1874.pdf/95

Da Wikisource.

97



V.


L’ora della morte.


Passarono ancora alcuni giorni e mastro Zaccaria, quest’uomo quasi morto, si levò dal letto e tornò alla vita con un eccitamento soprannaturale. Viveva d’orgoglio. Ma Geranda non si ingannò, il corpo e l’anima del padre suo erano perduti per sempre. Si vide allora il vecchio occupato a radunare le ultime monete senza darsi cura dei suoi. Egli spendeva un’incredibile energia camminando, frugando e borbottando parole misteriose.

Una mattina Geranda scese all’officina; mastro Zaccaria non vi era, tutto quel giorno essa lo attese, mastro Zaccaria non tornò. Geranda pianse tutte le lagrime degli occhi suoi, ma il padre non riapparve.

Aubert percorse la città, ed acquistò la triste certezza che il vecchio l’aveva lasciato.

«Ritroviamo mio padre, esclamò Geranda, quando Aubert le diede la dolorosa novella.

— Dove può essere? si domandò Aubert.

Una improvvisa ispirazione illuminò il suo spirito. Le ultime parole di mastro Zaccaria gli tornarono in mente. Il vecchio orologiaio più non viveva se non nel vecchio orologio di ferro che non gli si era restituito. Mastro Zaccaria doveva esserne andato in cerca.

Aubert comunicò il proprio pensiero a Geranda.

«Vediamo il libro di mio padre, disse la fanciulla.

Entrambi discesero nell’officina; il libro era aperto sul banco. Tutti gli orologi fatti dal vecchio Zaccaria, e restituitigli perchè guasti, eran cancellati, tranne uno!