Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/226

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202 gingillino.


Vivo sepolcro a un popolo di morti,
     Invano, invano dalle sante mura
     Spiri virtù negli animi scontorti.

Quando per dubbio d’un’infreddatura
     L’etica folla a notte si rintana,
     Le vie nettando della sua lordura;

Quando il patrizio, a stimolar la vana
     Cascaggine dell’ozio e della noia,
     Si tuffa nella schiuma oltramontana;

E ne’ teatri gioventù squarquoia
     E vecchiume rifritto, ostenta a prova
     False carni, oro falso e falsa gioia;

Malinconico pazzo che si giova
     Del casto amplesso della tua beltade,
     Sempre a tutti presente e sempre nova;

Lento s’inoltra per le mute strade
     Ove più lunge è il morbo delle genti,
     Ed ove l’ombra più romita cade.

Paragona Locande e Monumenti,
     E l’antica larghezza e il viver gretto
     Dei posteri mutati in semoventi;

E degli avi di sasso nel cospetto,
     Colla mente in tumulto e l’occhio grosso
     Di lacrime d’amore e di dispetto;

Gli vien la voglia di stracciarsi addosso
     Questi panni ridicoli, che fuore
     Mostrano aperto il canchero dell’osso

E la strigliata asinità del core.

               Tra i mille ergastoli
                    Di mille tinte,
                    Che tutta, in pagine
                    Chiare e distinte,