Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/249

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il sortilegio. 225


Questo libro utilissimo, non solo
     Egli lassù l’avea disseminato,
     Ma nel mezzo di piazza al montagnolo
     Spiegato con amore e postillato;
     E il giorno dell’arrivo, al Merciaiolo,
     Il popolo, il comune, e il vicinato
     Correano a dire i sogni della notte,
     Ladri, morti, paure, e gambe rotte.

Ed ei, presa la mano a far l’Oracolo,
     O rispondeva avvolto o stava muto;
     Anzi, tra l’altre, aveva un tabernacolo
     Con dentro un certo Santo sconosciuto,
     Dal qual, secondo lui, più d’un miracolo,
     E più d’un terno a molti era piovuto,
     Pur di destare la sua cortesia
     Pagando un soldo ed un’Avemmaria.

Lo spolverava, l’apriva, e gridava
     Che tutti si levassero il cappello;
     Poi brontolando Paternostri, andava
     Torno torno a raccorre il soldarello:
     E mentre ognuno pregava e pagava,
     Più numeri, di sotto dal gonnello,
     Tirava fuori agli occhi della folla
     Il moncherino di quel Santo a molla.

Nè volendo, se a vuoto eran giocati,
     Parer col Santo e tutto, un impostore,
     Egli è, dicea, per i vostri peccati,
     Che non trovan la via di venir fuore.
     Smunti così gran tempo e bindolati
     Avea que’ mammalucchi in quell’errore,
     E col Governo il traffico diviso,
     E mescolato al vizio il Paradiso.