Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/258

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234 il sortilegio.


Insospettita fermasi e s’acquatta
     Giù rannicchiata, dietro a certi sassi
     D’una vecchia casipola disfatta,
     Distante dalla Chiesa un trenta passi;
     E di lì guarda e scorge esterrefatta
     Un gruppo strano, e parle che s’abbassi
     In atto di sbarbar con violenza
     Di terra, cosa che fa resistenza.

Ecco, si smuove una lapide, e tosto
     S’alza quel gruppo, e indietro si ritira,
     E di subito giunge là discosto
     Il grave puzzo che l’avello spira.
     Senza alitare o muoversi di posto,
     Trema la donna misera, e s’ammira
     Qual chi dorme e non dorme, e in sogno orrendo
     Volteggia col pensier stupefacendo.

Lenta calarsi dentro e risalire
     Una figura vede dall’avello,
     E sorta, accorrere i compagni, e dire
     Un non so che di testa e di coltello.
     E allor le parve vedere e sentire
     Ricollocar la lapide bel bello;
     Poi tutti verso lei tendere al piano,
     E innanzi un d’essi con un peso in mano.

Quel vederli venire alla sua volta
     Tanto le crebbe tremito e spavento,
     Che dentro si sentì tutta sconvolta
     E chiuse gli occhi e uscì di sentimento.
     Quelli che con molt’impeto e con molta
     Fretta correano in basso all’altro intento,
     Raccolti in branco e presa la calata,
     L’ebber senza notarla oltrepassata.