Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/260

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236 il sortilegio.


Raggranellati tutti e fatto il mazzo,
     La donna fu creduta della lega:
     Il Merciaiolo citato a Palazzo,
     Svesciando il caso dall’alfa all’omega,
     Provò che per uscir dell’imbarazzo
     Avea dato una mano alla bottega.
     Tant’è chi ruba che chi tiene il sacco:
     Dunque fu detto che battesse il tacco.

Con più giustizia della falsa accusa
     Uscì netta la misera innocente,
     Ma di vergogna e di dolor confusa
     Pericolò di perderne la mente;
     Perocchè fissa in quella notte, e chiusa
     Nel proprio affanno continuamente,
     Da paurose immagini assalita
     S’afflisse e tribolò tutta la vita.

Veggano intanto i Re, vegga l’avaro
     Gentame intento a divorar lo Stalo,
     Di quanti errori il pubblico denaro
     E di che pianto sia contaminato!
     Fuman del sangue sottratto all’ignaro
     Popolo, per voi guasto e raggirato,
     Le tazze che con gioia invereconda
     Vi ricambiate a tavola rotonda.

Dritto e costume nel consorzio umano
     Così, per vostre frodi, hanno discordia:
     E cupidigia vi corrompe in mano
     E la giustizia e la misericordia;
     Chè assolver non si puote un atto insano
     Che con legge e ragion rompe concordia;
     Nè giustamente l’error mio si danna,
     Quando il giudice stesso è che m’inganna.