Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/274

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250 il delenda cartago.


I sordi tramenii delle congiure,
     Il far da Gracco e da Robespierrino,
     È roba smessa, solite imposture
     Di birri, che ne fanno un botteghino.
     Questi Romanzi, la mi creda pure,
     Furono in voga al tempo di Pipino;
     Oggi si tratta d’una certa razza
     Che vuole Storia, e che le dice in piazza.

Sicchè, non sogni d’averla da fare
     Col Carbonaro, nè col Frammassone,
     Giacobino che voglia chiamare
     Chi vive al moccolin della ragione;
     Si tratta di doversela strigare
     Con una gente che non vuol Padrone;
     Padrone, intendo, del solito conio,
     Chè un po’ tarpati, e’ non sono il Demonio.

Dunque, Padrone no! L’ha scritto? O bravo!
     Padrone no! Sta bene e andiamo avanti:
     Repubblica, oramai, Tiranno, Schiavo,
     E altri nomi convulsi e stimolanti,
     Sì, lasciamoli là: giusto pensavo
     Che senza tante storie e senza tanti
     Giri, si può benone in due parole
     Tirar la somma di ciò che si vuole.

Scriva. Vogliam che ogni figlio d’Adamo
     Conti per uomo, e non vogliam Tedeschi:
     Vogliamo i Capi col capo; vogliamo
     Leggi e Governi, e non vogliam Tedeschi.
     Scriva. Vogliamo, tutti, quanti siamo,
     L’Italia, Italia, e non vogliam Tedeschi;
     Vogliam pagar di borsa e di cervello,
     E non vogliam Tedeschi: arrivedello.