Pagina:Versi sciolti dell'abate Carlo Innocenzio Frugoni.pdf/147

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E tutta allor commoffa, i’non fo come,
Da sè fentii l’impaziente lira
Tenderli a maggior fuon, tutta ondeggiarmi
D’armonico tremore in man repente,
Quali miglior Divinità l’empiette.
Ed io di me maggior già dalla forte
Vetufta Gente, già dall’alte gerta,
Onde tanto per gli Avi in pregio crebbe,
A Lui volea, come per calle adorno
Di domeflieo onor, feender col canto.
Ma, no riprefe il Nume. Uopo non ave,
Coftui da tanta origine difccfo,
Che della gloria fua. Perche l’altrui
Mal ti volgi a cercar? Sai pur, che dono
Di Virtute nonò, ma di Fortuna,
Un illurtre Natal. E a chi fu dato,
Pria che, venendo nell’eteree piagge,
L’indole incerta, e il non ancor maturo
Genio difvcli, meritare in forte
Una fplcndida Cuna ? E’ fra i mortali
Voto d’errori il Saggio. Il Nome, e gli Avi,
E quanto Egli non feo, come ftraniero
Ornamento ricufa, e fuo non chiama.

So,