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(XLIV.)


AL SERENISSIMO SIGNOR

DUCA ANTONIO FARNESE


In occasione di sue Nozze.


I
O condottier de le celesti Muse,

Più, che del Nume lor, pieno de’ tuoi
Reali Auspicj, alto Signor, che reggi
L’Avito scettro, ed in Te solo aduni,
5Non che il valor, non che la gloria antica,
Le felici speranze, e i risorgenti
Venturi pregi, e il redivivo onore
De l’Aurea de’ Farnesi Augusta stirpe,
Io de 1’Itale cetre i fausti Voti,
10E i discesi dal Ciel candidi augurj
Al Nuzial tuo letto, or bella, e prima
Cura di Giove, guiderò d’intorno.
Guarda quante, o Signor, ne l’ampio grembo
Città care a Minerva Italia serra,
15Ricche nudrici di bennati ingegni:
Qual è, che a questo tuo Talamo eletto
A stabilir la pubblica salute,
Non goda offrir di volontarj carmi
Nobil tributo? Te il Romuleo Tebbro,


Che