Largamente rischiara, e raccor gode 110Sotto il suo Manto i gloriosi studj,
Che già di Mecenate, e già d’Augusto
Caro diletto, e memoranda cura,
Poveri di favor, non senza amaro
E ingrato obbrobrio tuo, squallidi, e mesti 115Or van per le tue terre, Italia, errando?
Non ei per oro, che da voglie avare
Somma quaggiuso mal si dice, e tiensi
Felicitate, nè per molte insegne,
Che appese a i Muri san di prische stirpi 120Memoria, e sembran rampognar tacendo
I molli insiem degeneri Nepoti,
Crede dover, lento sedendo in piuma
Non curar l’arti, ne le quai non ave
Parte, o diritto la volubil sorte, 125Nostre, finchè beviam queste soavi
Aure di vita, e nostre a i fausti tempi,
E a gli avversi non meno, e nostre ancora
Di là dal cencr muto, e dopo il vano
Estremo onor de la marmorea tomba; 130Ma queste egli ama, e di gentil fatica
Vago in queste s’avvolge, e del suo lauro