Pagina:Viaggio Da Milano Ai Tre Laghi.djvu/218

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202 Pesche, commercio, venti.

n’hanno ragione. Giovio, il quale pretende che la trota sia il mulo degli antichi, scrive altresì trovarsi ne’ seni più profondi del lago de’ burburi, pesci che oltrepassano la grossezza d’un uomo; ma nè egli dice d’averli veduti (anzi nega che possano prendersi, perchè lacerano le reti, e sono impenetrabili alla fiocina), nè alcuno ne ha parlato dopo di lui come testimonio di vista. Lo stesso dicasi d’altri enormi pesci attribuiti al Verbano. Le più grosse trote o carpine, che bulberi pur diconsi sul Benaco (e che Morigia medesimo chiama bulgari, attribuendo loro la grossezza d’un maiale), e i più lunghi lucci possono aver fatta illusione. Plinio sin da’ giorni suoi trovò mirabile il pesce pico, che al tempo degli amori, cioè in primavera, ricopriasi di scaglie rosse e rialzate, e chiamavasi allora encubia; e lo stesso succede oggidì.

Prendonsi i pesci con ogni maniera di reti; se non che le finissima son proibite, come lo è la calcina: la quale permessa è solo o tollerata ne’ garui, che sono ammassi artificiali di pietre e legni, ove i comodi nascondigli e l’abbondante cibo invitano i pesci. Al tempo degli amori, che pe’ diversi pesci è in tempi differenti, tendonsi loro le maggiori insidie presso le sponde arenose; e prendonsi infinite trote all’imboccatura dell’Ad-