Pagina:Viaggio in Dalmazia.djvu/287

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terno del monte fra i due Laghi sopraddescritti. Alcune di esse ad onta della loro asprezza, ed oscurità furono in altri tempi frequentate da uomini selvaggi, e forse anche feroci al paro degli Orsi; e vi si vedono tuttora de’ vestigj di muro fabbricatovi rozzamente per vieppiù renderne forte, ed angusto l’ingresso. È veramente fatica da selvaggi indurati alla vita ferrea l’aggrapparsi in quegli orridi ripostigli; io mi v’introdussi però replicatamente per esaminare a mio senno, non a mio agio, la struttura di que’ monti marmorei. S’insinuano colà fra’ pezzi di strati disequilibrati angustissime fenditure e tane, dove fa d’uopo ascendere strascinandosi a quattro gambe, non essendo per lunghi tratti possibile d’alzarvi il capo. In una di queste tane da marmotte, vicino all’apertura esterna, la superficie del masso inferiore come quella del superiore, che serve di volta all’angusto passaggio, sono tutte sparse di durissime ed acute punte di stalattite: più sù è reso così liscio il marmo dal frequente praticarvi degli antichi ladri, o selvaggi, che dopo d’avere sofferto molto, per trarmivi innanzi, io sdrucciolai addietro mio malgrado più volte. Da quelle angustie si passa in luoghi meno impraticabili, ma sempr’egualmente orrendi, e resi più tetri là dove sono più spaziosi dalla negrezza delle pareti affumicate. I barbari, che abitarono que’ baratri ne’ secoli passati, dovettero bene spesso arrischiare di fiaccarsi il collo, o d’affogarsi per calore, e pel denso fumo, cui tramandano le scheggie di sapino accese, che servono di fiaccole in quelle bolge infernali.

Voi sapete quanto deggia servire a somministrare idee giuste sopra la struttura interiore della parte del nostro Globo più vicina alla superficie questo insinuarsi or colle mani a terra, e col capo in giù, ora di sasso in sasso arrampicando pelle più tortuose, ingombre, ma-