Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/82

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76 libro primo - sezione seconda


di questi tre grandi vizi, i quali certamente distruggerebbero l’umana generazione sopra la terra, ne fa la civile felicitá.

133Questa degnitá pruova esservi provvidenza divina e che ella sia una divina mente legislatrice, la quale delle passioni degli uomini tutti attenuti alle loro private utilitá, per le quali viverebbono da fiere bestie dentro le solitudini, ne ha fatto gli ordini civili per gli quali vivano in umana societá.

VIII

134Le cose fuori del loro stato naturale né vi si adagiano né vi durano.

135Questa degnitá sola, poiché ’l gener umano, da che si ha memoria del mondo, ha vivuto e vive comportevolmente in societá, ella determina la gran disputa, della quale i migliori filosofi e i morali teologi ancora contendono con Carneade scettico e con Epicuro (né Grozio l’ha pur inchiovata): se vi sia diritto in natura, o se l’umana natura sia socievole, che suonano la medesima cosa.

136Questa medesima degnitá, congionta con la settima e ’l di lei corollario, pruova che l’uomo abbia libero arbitrio, però debole, di fare delle passioni virtú; ma che da Dio è aiutato, naturalmente con la divina provvedenza, e soprannaturalmente dalla divina grazia.

IX

137Gli uomini che non sanno il vero delle cose proccurano d’attenersi al certo, perché, non potendo soddisfare l’intelletto con la scienza, almeno la volontá riposi sulla coscienza.

X

138La filosofia contempla la ragione, onde viene la scienza del vero; la filologia osserva l’autoritá dell’umano arbitrio, onde viene la coscienza del certo.