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dell’innarrivabile facultá poetica eroica d’omero 15


808Cotal ragione non può rifondersi altrove che nell’origine della poesia, sopra qui scoverta nella Sapienza poetica, e ’n conseguenza nella discoverta de’ caratteri poetici, ne’ quali unicamente consiste l’essenza della medesima poesia. Perché la commedia nuova propone ritratti de’ nostri presenti costumi umani, sopra i quali aveva meditato la socratica filosofia, donde dalle di lei massime generali d’intorno all’umana morale poterono i greci poeti, in quella addottrinati profondamente (quale Menandro, a petto di cui Terenzio da essi latini fu detto «Menandro dimezzato»); poterono, dico, fingersi cert’esempli luminosi di uomini d’idea, al lume e splendor de’ quali si potesse destar il volgo, il quale tanto è docile ad apprendere da’ forti esempli quanto è incapace d’apparare per massime ragionate. La commedia antica prendeva argomenti ovvero subietti veri e gli metteva in favola quali essi erano, come per una il cattivo Aristofane mise in favola il buonissimo Socrate e ’l rovinò. Ma la tragedia caccia fuori in iscena odi, sdegni, collere, vendette eroiche (ch’escano da nature sublimi, dalle quali naturalmente provengano sentimenti, parlari, azioni in genere, di ferocia, di crudezza, di atrocitá) vestiti di maraviglia; e tutte queste cose sommamente conformi tra loro ed uniformi ne’ lor subietti, i quali lavori si seppero unicamente fare da’ greci ne’ loro tempi dell’eroismo, nel fine de’ quali dovette venir Omero. Lo che con questa critica metafisica si dimostra: che le favole, le quali sul loro nascere eran uscite diritte e convenevoli, elleno ad Omero giunsero e torte e sconce; come si può osservare per tutta la Sapienza poetica sopra qui ragionata, che tutte dapprima furono vere storie, che tratto tratto s’alterarono e si corruppero, e cosí corrotte finalmente ad Omero pervennero. Ond’egli è da porsi nella terza etá de’ poeti eroici: dopo la prima, che ritruovò tali favole in uso di vere narrazioni, nella prima propia significazione della voce μῦθος che da essi greci è divinitá «vera narrazione»; la seconda di quelli che l’alterarono e le corruppero; la terza, finalmente, d’Omero, che cosí corrotte le ricevè.

809Ma, per richiamarci al nostro proponimento, per la ragione