Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/127

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qualche biografo, avesse un innocente amore da adolescente con la Luisa Vico, e che, a ogni modo, restò nei migliori rapporti col V. anche quando, dopo la morte del Gravina (1718), si ritirò a Napoli ed esercitò la pratica forense in casa dell’altro amico del V. Giovanni Antonio Castagnola (?-i76i).

pp. 39-44 — Il De iure belli et pacis era stato giá letto dal V. per lo meno dal 1708: lo rilesse bensí nel 1715 con altra preparazione e disposizione; donde l’effetto portentoso di quella lettura. — Non si conosce alcuna edizione di Grozio pubblicata a Napoli tra il 1717 e il 1718, tempo in cui il V. attese al suo commento, poi intermesso e oggi smarrito. Come prefazione al quale si soleva additare un frammento pubblicato primamente dal Ferrari, che s’è poi rivelato commiato d’un piú ampio svolgimento, parimente disperso, della dispersa prolusione universitaria del 1719 (18 ottobre). Recitata la quale, il V., fu esortato da Gaetano Argento (1660-1730) e dal nipote di costui Francesco Ventura (P-I759) a svolgerla piú ampiamente in una trattazione organica, che, dopo il disperso abbozzo ora ricordato, fu il Diritto universale , dedicato precisamente al Ventura. — Il «saggio dato fuori l’anno 1720» (qualche giorno prima del luglio) è un foglio volante senza titolo, conosciuto col nome di Sinapsi del Diritto universale. Coloro che ne dettero a Napoli «giudizi svantaggiosi» (gli stessi che avevano criticata la prolusione del 1719 e criticarono poi il Diritto universale ) furono, probabilmente, il Capasso, la sua creatura Domenico Gentile, Pietro de Turris e qualche altro tra coloro che s’apparecchiavano a concorrere contro il V. alla cattedra di diritto civile della mattina. Tra siffatti malevoli non s’ha motivo di porre Pietro Giannone, i cui rapporti co V. dovevano allora essere buoni, dal momento che Gherardo degli Angioli, molti decenni dopo, consigliava a Francesco Daniele d’ispirarsi, per l’esercizio dell’avvocheria, ai « brievi e chiari di Niccolò de’ Caraviti arringhi E del Giannon, cui sol il Vico udiva»; e il Giannone, dal canto suo, nell’ Istoria civile (1723), lodava il V. come «valente professore d’eloquenza». — Le «difficoltá filologiche » del Salvini si riferivano all’etimologia vichiana della parola «areopago». — Francesco Valletta (1680-1760), fu archeologo e alto magistrato: suo nonno Giuseppe (1636-1714) era stato tra coloro che maggiormente avevano esortato il V. giovanetto agli studi. La sua famosa biblioteca, che nel 1719 fu offerta indarno a Vittorio Amedeo II di Savoia e nel 1722 era per esulare d’Italia,

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