Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/138

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anche « Grozio, Verulamio, le concordi ragioni dell’uno e dell’altro imperio», cioè i rapporti tra Stato e Chiesa, «e i nuovi pensamenti intorno alla natura e al diritto pubblico delle nazioni»; — Antonio Genovese, che cominciò a frequentare la casa del V. nel 1738 e ne ricorda un mordacissimo detto sulla gente fastosa, che, pur di sfoggiare con cocchi e cavalli, soffre la fame («troppi vi ha che tiran la carrozza colle budella»); — il giureconsulto Aurelio di Gennaro (1701-61), restato, dopo la morte del filosofo, consulente legale della famiglia; — Pasquale Magli, da Martina in provincia di Lecce (poi scrittore di parecchi volumi filosofici e avversario del Genovese), che, venuto la prima volta a Napoli nel 1739, frequentò appunto la scuola privata del V., il quale «si compiacque spiegargli la sua Scienza nuova*-, — Antonio d’Aronne da Morano (?-I78 o) sulla cui Grammatica filosofica, non mai pubblicata, il V. scrisse un « parere » ; — e l’elenco potrebbe continuare per molte pagine, giacché, al dire d’uno storico contemporaneo (1752), i progressi dell’oratoria forense a Napoli furono dovuti precisamente alle « dotte insinuazioni del cotanto rinomato Giambattista Vico, cattedratico di tanti anni per la rettorica». Se non propriamente discepoli, frequentatori ed estimatori del V. furono altresi Ignacio de Luzán, che dal 1729 al 1733 dimorò a Napoli e nella sua Poètica (1737) ricordò la teoria vichiana sugli eroi, citando la Scienza nuova-, e il padre Appiano Buonafede (1716-93), chiamato professore a Napoli nel 1740e che piu tardi rievocava «la memoria del raro poeta, dell’originale storico ed oratore e del profondo giureconsulto, che • — soggiungeva — nella mia prima gioventú conobbi e ammirai e ne raccolsi le ultime voci». — Circa il temperamento collerico del V., uno dei suoi primi critici, Damiano Romano, narra (1744) che, non appena il V. ebbe notizia della prima opera pubblicata dal Romano contro di lui (1736), « non ostante fusse stato da noi col titolo di * dottissimo ’, di ’ celeberrimo ’ e di altri simili trattato, pure ci addentò in maniera che fu di ribrezzo e di orrore a chiunque vi si trovò presente». E, del resto, nel primo getto delle Vindiciae 1’ « ignotus erro » è qualificato a volta a volta « literatus columbellus omtti fiumano sensu desti t ut us » , « turpissivius » , « belino » , « scelestissimus » « imfirobissimus » , « infamis » , « homo vecors nulliusque consilii » , « audax, vanus, mendax, subdolus, fraudolentus, malitiosus et perfidus » , « asinus » e, pour la bonne bouchc, « stercus » . — Quanto poi alla riputazione di pazzo