Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/140

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nomi. — Luisa, oltre che colta poetessa, conosceva la musica e cantava assai bene: fu amica della letterata Giuseppa Eleonora Barbapiccola, che tradusse i Principi della filosofia del Descartes (1722), non senza, nella prefazione a questo libro, ricordare il V. — Quanto a Ignazio (il figliuol discolo) il racconto del Villarosa non è confermato (ma nemmeno contradetto) dai documenti contemporanei, dai quali appare soltanto: che tra il V. e lui c’erano sensibili differenze di temperamento; che giá nel 1729 il figlio non abitava piú col padre e aveva una tresca con una Grazia Maddalena Pascale; che al suo matrimonio con la Tomaselli, « persona stravagante ed imprudente e di non retti costumi», non intervennero né il V. né Caterina Destito; che, ciò non ostante, il padre gli perdonò e lo tolse in casa con la moglie e la figliuoletta, provvedendo al loro mantenimento; che, quindici giorni dopo la morte d’ Ignazio, il V. cacciò di casa la nuora, continuando per altro a tenere con sé e a educare la nipotina e pupilla Candida; che per questo motivo la Tomaselli iniziò una lite contro il suocero, sospesa poi con una transazione (1737) e ripresa dopo la morte del filosofo. — Lungamente e gravemente ammalato fu non «un’altra figliuola», cioè Angela Teresa, ma un figliuolo, cioè Ignazio, premorto al padre, come s’è visto, a soli trent’anni e nel cui testamento si discorre del V. con parole commoventissime. Il quale Ignazio, (non Filippo, dal 1736 al ’45 chierico regio) mori « officiale » nella Dogana di Napoli.

p. 84 — Sulla nomina del V. a istoriografo regio vedere Carteggio y lett. lxvi e la nota relativa. Di lui, in quanto tale, un aneddoto, che anche ragioni cronologiche mostrano immaginario, fu narrato nel 1793 dal Chiarizia (vero è soltanto che egli scrisse la semplice introduzione, oggi dispersa, a una divisata storia della riconquista borbonica del Regno). Errata altresi la comune affermazione che da istoriografo regio il V. scrivesse nel 1735 il Parere sull’indice numerico di Carlo di Borbone , che è invece del 1734. Né da istoriografo regio, ma quale decano dell’ Universitá, e per incarico di questa, egli compose nel 1738 un’orazione per le nozze del re. E finalmente la sua breve allocuzione a Carlo di Borbone non è frammento d’un’orazione recitata il 4 novembre 1736 in occasione del trasferimento dell’Universitá al Palazzo degli Studi, ma un complimento recitato allorché l’Universitá di Napoli si recò a congratularsi con Carlo di Borbone per la sua elevazione a re autonomo delle Sicilie (giugno 1734).