Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/141

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pp. 84-6 — La successione di Gennaro Vico alla cattedra paterna fu dovuta, non a Nicola de Rosa vescovo di Pozzuoli, semplice cappellano maggiore interino durante le assenze del cappellano maggiore effettivo Galiani, bensí proprio a quest’ultimo, allora tornato definitivamente da Roma a Napoli. Su quella successione è da tenere presente, oltre la supplica del V. pubblicata nel Carteggio, anche un’altra di Gennaro, del 1797, ove si dice che, nel 1736o 1737, il supplicante, «mal soffrendo di vedere* il padre «trascinarsi per andar a dar lezione d’inverno in tanta distanza» quanta è dal vico delle Zite al Palazzo degli Studi, « gliene dimezzò la fatiga, con incaricarsi prima della dettatura, perché, quando poteva, venisse egli a farne la spiega. Un giorno, mentre dettava, vennegli talento, per liberamelo intieramente, di avventurarne anche la spiegazione ... e Dio gliela benedisse. Bastògli questo primo cimento ... che, tornato in casa, disse a suo padre che avesse pensato solamente a tirar avanti la sua vita e a non piú imbarazzarsi della lezione, narrandogli il tentativo fatto e quanto gli era riuscito felice. Andò a darne parte a monsignor Galliani, allora cappellano maggiore, il quale dimostronne sommo piacere, e d’allora cominciò, forse per ciò che disegnava, a non far passare quasi settimana che non venisse a sentirlo per la spiega in latino, com’è costume; e, per maggiormente esporlo, gli diede l’incarico di far l’orazione per l’apertura de’ studi». Ma quest’orazione inaugurale fu recitata soltanto nel 1741, quando Gennaro ebbe la cattedra in proprietá, e in essa pose le mani anche Giambattista.

pp. 81-2 — Ciò che il Villarosa narra della progressiva e, in ultimo (novembre 1742-gennaio 1744), piena decadenza mentale del V. sembrerebbe trovare conferma in un analogo racconto del Solla, e perfino nella ricordata supplica di Gennaro Vico. Ma sta in fatto che il Genovese, il Magli e il Buonafede, che conobbero il V. nei suoi ultimissimi anni, lo dipingono parlante, ragionante e perfino nell’atto di scoccare detti mordaci. E, eh’ è piú, proprio in quel periodo il V scrisse (decembre 1742 e 1743) due sonetti, continuò a correggere il ms. dell’ultima Scienza nuova, cominciò a rivederne le bozze di stampa (introducendovi qualche piccola giunta), die’ di suo pugno (decembre 1743) le istruzioni pel ritratto da preporre al volume, entrò in corrispondenza col Cardinal Troiano d’Acquaviva per indurlo ad accettare la dedica dell’opera (decembre 1743) e, appena dodici o tredici giorni prima