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d’ Italia, la quale non fu maggiore che da quattro secoli innanzi, cioè nono, decimo ed undecimo. E nel dodicesimo, di mezzo ad essa, Firenze rincrudelí con le fazioni de’ Bianchi e Neri, che poi arsero tutta Italia, propagata in quella de’ guelfi e de’ gibellini, per le quali gli uomini dovevano menar la vita nelle selve o nella cittá come selve, nulla o poco tra loro e non altrimenti che per le streme necessitá delia vita comunicando. Nel quale stato dovendosi penuriare di una somma povertá di parlari, tra per la confusione di tante lingue quante furono le nazioni che dal settentrione eranvi scese ad innondarla, quasi ritornata in Italia quella della gran torre di Babilonia, i latini da’ barbari, i barbari da’ latini non intendendosi, e per la vita selvaggia e sola menata nella crudel meditazione d’ innestinguíbili odi che si lasciarono lunga eia in retaggio a’ vegnenti, dovette tra gl’ italiani ritornare la lingua muta, che noi dimostrammo delle prime nazioni gentili, con cui i loro autori, innanzi di truovarsi le lingue articolate, dovettero spiegarsi a guisa di mutoli per atti o corpi aventino naturali rapporti alle idee, che allora dovevano essere sensibilissime, delle cose che volevan esse significare, le quali espressioni, vestite appresso di parole vocali, debbono aver fatta tutta l’evidenza della favella poetica. Il quale stato di cose dovette, piú che altrove, durare in Firenze per lo bollore turbolento di queU’acerrima nazione, come per ben ducente anni appresso, fino che fu tranquillata col principato, durò il maroso di quella repubblica tempestosissima. Ma la Provvidenza, perché non si sterminasse affatto il gener umano, rimenandovi i tempi divini del primo mondo delle nazioni, dispose che almeno la religione, con la lingua della Chiesa latina (lo stesso per le stesse cagioni provvidde all’Oriente con la greca), tenesse gli uomini dell’Occidente in societá, onde coloro soli che se n’ intendevano, cioè i sacerdoti, erano i sapienti. Di che, quanto poco avvertite, tanto gravi ripruove son queste tre:
i° che da questi tempi i regni cristiani, in mezzo al piú cieco furore delle armi, si fermarono sopra ordini di ecclesiastici, onde quanti erano vescovi, tanti erano i consiglieri de’ re;
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