Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/272

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dir dotto e metafisico e magistrale, donde viene quella fiducia generosa e asseveranza magnanima; e finalmente un certo dir da signore, com’ Ella dice non men vivamente che graziosamente e gentilmente di me, che ho sempre ammirato in Cicerone questo pregio singolarissimo, da tanti spiriti grandi in ciò o non imitato perché non ammirato, ovvero ammirato come cosa assai difficile ad imitarsi dalla sola arte; siccome era riuscito all’assai felice arte e natura di Cicerone il maravigliosamente imitare in questo pregio Platone ed Aristotele e Demostene, suoi maestri; e finalmente riuscí a sant’Agostino d’imitare la fiducia e asseveranza magnanima e da gran maestro di Cicerone; e io dico che tra’ toscani non poco ci sia riuscito monsignor Della Casa, il quale tanto piú ne merita la lode quanto il genere delle sue scritture non porta dottrina e profonditá di sentenza. E finalmente ognuno abbonda nel senso suo, e perciò io lasciai la mia scrittura come si vede, persuadendomi che certe caricature o affettature sian necessarie a quelli che tentan di fare cose nuove, senza delle quali sembra si dia finalmente all’istesso e all’ordinario.

E, per finirla, prego e riprego Vostra Signoria illustrissima a parlarmi piú chiaro, giacché in questo particolare non mi torna in niun conto ch’Ella mi sia tanto discreta e gentile, che, tra tante cose che mi potrebbe dire per migliorare notabilmente questa mia cosa, e tra tante si belle e si abbondanti e si generose lodi che per troppo favorirmi mi dá, non mi dia altro lume e insegnamento che intorno al titolo, ch’Ella vorrebbe piú ristretto, e che io son per far prontamente, sempre ch’Ella non approvi il motivo che mi mosse a farlo nella forma che ho fatto, per fare che alla prima il lettore avesse innanzi come una face per entrar nell’opera con miglior lume e per non crederla un puro panegirico, quando insomma è un sistema. Anche su questo particolare starò aspettando gli ulteriori insegnamenti di Vostra Signoria illustrissima, alla quale non so dir quanto devo e quanto io desideri di servirla e di soddisfarle tanti debiti meglio che non fo ora col raffermarle la somma stima e osservanza migliore. E, pregandola a compatire