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LXXXI

D’ISABELLA PIGNONE DEL CARRETTO

DUCHESSA D’EROE

A GIUSEPPE PASQUALE CIRILLO

Perchè procuri di far correggere dal Vico alcuni versi dei sonetti composti da lei per le sopradette nozze reali.

Riveritissimo signor don Gioseppe, io sono giunta ad invidiare coloro che sono tanto appassionati de’ componimenti che fanno, o buoni o mali che sieno, che van trovando occasione di stamparli. Io, dovendo dare alle stampe i due sonetti per le nozze regali, sono entrata in tanti scrupoli che, quantunque, oltre a voi e ’l signor don Orazio, il nostro dottissimo signor don Giambattista Vico gli abbia per sua bontá approvati e corretti, pure non lascio di dubitare. Io so che gli scrupoli sono figli dell’ignoranza, ma da me sola non posso liberarmene. La notte passata ho vegghiato gran tempo pensando a’ miei sonetti, e vi ho trovati alcuni nèi che non vorrei che vi fossero, non ostante che talora un neo accomodi un viso. Or, perché debbo domani dare i sonetti, e dubito che questa sera mi possiate favorire, perché mi diceste che sareste andato a ringraziare i votanti, mi son veduta costretta a scrivervi le mie difficoltá, le quali vi prego a volere col vostro giudizio riflettere, ed anco a compiacervi di comunicarle al signor don Giambattista, nel di cui purgatissimo giudizio, come ancora nel vostro, finalmente riposerò, e pregando in mio nome che compatisca le troppo sollecite premure d’una penitente scrupolosa, la quale soggiacerá ad ogni penitenza. Sia egli il mio padre Cutica.

In un sonetto ho scritto cosi: «...da le sue cure si sciolga La mente intesa a celebrar gli eroi». Mi spiace quell’asprezza di suoni: «ente-inte», onde vorrei fare «lo spirto inteso», non ostante che pur ci sia un certo che d’aspro...

Nell’altro sonetto il signor don Giambattista mi fece favore d’emendarmi un verso cosi: «E ’l turcasso di strai d’oro anco