Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/320

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mancò che contro di esse il bollente frate camaldolese non pubblicasse un apposito libro, che fu scritto invece a Napoli da Damiano Romano, che lo dedicò, in tutte due le sue redazioni (1736 e 1744), al Tanucci, ignorando, come confessa egli medesimo nella seconda, che il Tanucci fosse precisamente dell’opinione del V. — Molta stima ebbe poi il Tanucci del V. dopo che, venuto a Napoli nel 1734quale ministro di giustizia, lo conobbe di persona. Per es., allorché, in occasione della riforma dell’Universitá si propose, come avvenne, di elevare lo stipendio del V. da cento a dugento ducati, proprio il Tanucci scrisse al Montealegre (17 ottobre 1735): «Estimarla assimismo que por el merito, por la necesidad y honrra de istorico regio que tiene Juan Baptista de Vico, destinado por profesor de la eloquencia latina, fueseit pocos los doscientos ducatos, y que d lo menos se le delie sen asignar otros dento». — E finalmente, rispondendo, molti anni piú tardi, all’abate Galiani (17 gennaio 1767) che da Parigi gli aveva discorso dei plagi del Boulanger a danno del V., diceva: «Ho osservato Boulanger un sol di marzo: muove, ma non risolve, non adempie. Credo che sia vivace, ma non dotto: vede e travede, e crea. 11 benedetto Vico era qualche cosa di questo anch’esso: aveva bisogno di qualche Vossio, Lipsio, Turnebo, Vettori, Manuzio, Averani, Petavio per assessore, onde empiere colli fatti delle nazioni e degli uomini e colli pensieri dei sapienti quelle lacune di prove che rimangono sotto gli archi dei suoi salti. Al piú può Vico, senza questo ripieno, essere un’edera di Bacone o un passeggierò notturno che vada dietro quella lanterna».