Pagina:Vico - La scienza nuova, 2, 1913.djvu/407

Da Wikisource.

DELLA VENUTA DI ENEA IN ITALIA 701

Ma pure, come più volte abbiam detto, per una delle Degnità sopra poste i, queste tradizioni volgari dovettero da principio avere de’ grandi pubblici motivi di verità, perchè l’ha conservate per tanto tempo tutta una nazione. Che dunque? Bisogna dire che alcuna città greca fusse stata nel lido del Lazio, come tante altre ve ne furono e duraron appresso ne’ lidi del Mar Tirreno; la qual città innanzi della Legge delle XII Tavole fusse stata da’ Romani vinta, e per diritto eroico delle vittorie barbare fussesi demolita, e i vinti ricevuti in qualità di soci eroici (a); e che, per caratteri poetici, cosi cotesti Greci 2 dissero «Arcadi» i vagabondi di terra ch’erravano per le selve, «Frigi» quelli per mare, come i Romani i vinti ed arresi loro dissero «ricevuti nell’asilo di Romolo», cioè in qualità di giornalieri, per le clientele ordinate da Romolo, quando nel luco apri l’asilo a coloro i quali vi rifuggivano. Sopra i quali vinti ed arresi (che supponiamo nel tempo tra lo discacciamento degli re e la Legge delle XII Tavole) i plebei romani dovetter esser distinti con la legge agraria di Servio Tullio, ch’aveva permesso loro il dominio bonitario de’ campi; del quale non contentandosi, voleva Coriolano, come

(a) dispersi per le campagne di quel distretto, obbligati a coltivare 1 campi per gli eroi romani; e ch’avessero avuto ben i Romani l’idee di vagabondi, cosi mediterranei come marittimi, d’uomini senza terreni, e non avessero le voci da spiegare cotali cose straniere; ma che cosi l’ebbero da’ Greci, che dovettei’o i vagabondi mediterranei chiamare «Arcadi», e i marittimi chiamare «Frigi» per «uomini usciti da città bruciate», «stranieri venuti da mare e senza terre». E cosi, a capo di tempo, che tali tradizioni, ecc.

1 La già cit. Degn. XVI.

2 «Cotesti Greci»,cioè gli abitanti della città diroccata da Roma, solevano chiamare, con linguaggio poetico proprio del loro paese d’origine, «Arcadi» i giganti deboli venuti d’entro terra agli asili dei forti, e «Frigi» (a causa del loro medesimo esempio) quelli venutivi per via di mare. Siffatta fraseologia naturalmente essi importarono a Roma, quando vi furon condotti in qualità di giornalieri. E, poiché nell’Urbe il carattere poetico indigeno per indicare il concetto generico di «gigante debole venuto all’asilo dei forti» era quello di «rifuggito all’asilo di Romolo», è facile scorgere come sia avvenuta quella confusione di tradizioni, di cui si è discorso a p. 699, n. 5.