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i8 VICRAMÒRVASI. — ATTO II. Delirante d’amore quei profferito ha il nome Innanzi alla regina Manàvaco (ira sì). Che? Il mio signor? Ma come Avrebbe egli medesimo svelato il suo segreto? Ed or come io, Bramano, men’ posso star più cheto ? Come frenar la lingua? (a Nipunlca)Vedsi, ecco...egli non solo La sua consorte affligge me pur fa stare in duolo Ricusando ogni cibo dal di ch’è folle e gramo Per quella ninfa Urvasi ii). BravoI T’ho preso all’amo! Ecco infranto il segreto! Dame tosto novella Alla regina io voglio (avviandosi). Nipunica, a la bella Figlia del re di Casi ripeta in nome mio Ch’ella ormai si dia pace, che stanco son pur io Di rimuovere il sire da cosi folle idea; Gli volga ella il suo viso gentil come ninfèa, E ritornar per fermo noi lo vedremo in sè. Farò come Le piace ! («ce). (dalla urna) Su, viva, viva il re! In dissipar le tenebre Dal guardo d’ogni gente É Savitàr potente, E simil possa è in te. A un tratto, in mezzo all’aere Degli astri il re s’arresta; Tu pure all’ora sesta Lena ripigli, o re. Manàvaco Ah inteudo! Egli il palagio di giustizia ha lasciato stando orecchio). E or viene a me : l'aspetto, per essergli dallato. (finisce l'introduzione). NlPUNÌCA (ira Manàvaco. Nipunìca. (il re Pururàvasa in aspetto turbato e Manàvaco). Pururàvasa. Da che alla vaga ninfa io volsi il guardo. Quella gentil mi penetrò nel core; Ed il cammino le segnò quel dardo Con cui saetta non indarno Amore! Manàvaco. Se tu sapessi inver qual triste cura Affanna la vezzosa Figlia del re di Casi..... VICRAMÒRVASI. —