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SI. — ATTO II. Urvàsi. Citralèca. Manàvaco. Pururàvasa. Urvàsi (a si). Pururàvasa. Manàvaco. UrVÀSI (ih disparte). Citralèca. Più non m’fc grato riposar sul letto Dei morbidi viluppi Di corallina; i profumati venti Che manda a me di Nàndano la selva Sono per le mie membra Lingue di Gamme ardenti ». [dall'altra parte] Che dirà? Che ti sembra? Che può mai dire se le membra affrante Egli ha siccome steli D’appassita ninfea? Vedi: per me che ho fame, Invito alla fortuna É la cagion di questo tuo conforto. Che dici tu ? Conforto ? i Pei dolci sensi in questa foglia impressi, Rivelanti in entrambi cgual desio, Parmi che al suo congiunto il volto mio Ebbro il suo sguardo ne* miei sguardi avessi! [m disparte] Son concordi perciò gli affetti nostri! [dall’altra parte] Amico, or non vorrei Sciupare col sudor delle mie dita Cosi bella scrittura: Su, prendi ; il pegno della mia diletta Affido alla tua cura. Urvàsi bella se fmor mostrato T’ha di sue brame il fiore, Fra poco a te vorrà mostrarne il frutto ! Qui resto, amica, a ricompormi alquanto, A lui tu vanne intanto. In nome mio saluta Quel pio sovrano e il mio pensier gli svela. (Citralèca si avvicina al ") Viva, viva il gran re 1 Pururàvasa (con sorpresa e rispetto). Sii benvenuta! (si guarda d'intorno). Il mio core, o gentil, non si consola, Giacché teco mirarla or non m’è dato; Tal la Yamùna appar, se al Gange allato In pria fu vista e poi si vede sola ! Citralèca. Che? Non si scorge pria Il raggiar della nube e poscia il lampo? 4