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26 VICRAMÒRVASI. — ATTO II. Manàvaco (a si). Perchè non venne Urvàsi ? Orben, frattanto Si parli con costei. Purur. (a Citralèca). Ecco un sedil, ripòsati Citralèca {udendo). Signore, Urvàsi a voi s’inchina E vi fa dir Pururàvasa. Che mai ? Citralèca. « O Re, mio salvatore Un di tu fosti, quando Fui da’ nemici degli dei ghermita: Colpita or io dall’amoroso affanno Che in me produce il tuo leggiadro aspetto, Ancor pietà, signore, io ti domando. » Pururàvasa. Di quella ninfa cui l'affanno assale Alfin mi dài tu nuova; E pur non vedi che un affanno eguale Anche quest'alma prova! Vedi, o fanciulla, che d’eguali ardori Vivono i nostri cuori : Ferro e ferro saldar, gentil, convienti Ora che son roventi. Citral. (appressandoli] Vieni: Amore per te s'è fatto mite, ad Urvdsi). Del tuo diletto messaggera io torno. Urv. {Umida e imarrita). E dimmi un po’, incostante, Vorresti tu lasciarmi sola?... Citralèca ( lorridcndo). Oh amica ! Vedrem fra qualche istante Chi è mai che l’altra abbandonar desia! Su — presto, in te ritorna. Urvàsi (smarrita, ti avvicina con vergogna). Evviva il sire 1 Oh! sempre, sempre vincitore ci sia! Pururàvasa {con gioia). Oh sì I Davvero ho vinto, or che il tuo grido Me vincitor saluta, Poiché tu, ninfa, nel terrestre lido Da Indra sei venuta. (il re prende per mano Urvdii e la fa adagiare lui ledile). Manàvaco. Oh I qual modo è cotesto? Ma perchè non saluta Ella il Braman, del re fido compagno? ( Urvdsi, sorridendo, s'inchina). Or sia Li benvenuta! [daJl’inlemo] Messaggero divino. Presto — Urvàsi n’adduci, o Citralèca..... « Per voler d'Indra qui mandato io fui ; Le deità supreme ad esso unite VICRAMÒRVASI. —