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VICK AMOR VASI. — ATTO IV. (strofa) Tu, dal canto soave Come l’amica mia, Ahimè I tu pure se’ fuggita vial Sdegno non ho per tc: va, sii felice..... («' Ina) Io vo’ cercar frattanto La mia diletta..... Oh che? Dal destro canto Della selva s'ascolta un tiatinnlo 0 m’inganno, o mi pare 1 sonaglietti udir del suo calzare É dessa, & dessa: andar a lei vogl'io! =|| L’eccelso elefante col volto affannato Da che gli fu tolta la tenera amica, Con l’occhio da pianto perenne tarbato, Vacilla ed il corpo trascina a fatica. Dal rapido corso bruciate ha le membra, E quasi disfatto dal duolo già sembra; Poiché de la bella gli manca l’amore. Egli arso è dal foco d’immenso dolore; Nel bosco s’aggira tremante e stravolto E lagrime ardenti gli rigano il volto! ||= Pururàvasa (mtslainetiU) Strilli acuti fùr, che diede Regal cigno d’andar vago Là, di Manoso nel lago, Poi chc foschi vide al ciclo Densi nugoli far velo : De’ calzari del suo piede Non fu quello ch’io credetti Tintinnìo di sonaglietti ! Eh via, si lasci andar; pure uno stuolo Ancor v’é qui d’augelli desiosi D’andarne insieme al lago: Pria che lungi da me sciolgano il volo Vo’ che parlino anch’essi: Oh! nuove del mio bene aver potessi! Tornare al lago Mànaso, Cigno, regai tu brami ; Ma lascia andar, ti supplico. Della ninfea gli stami. So ben chc tu, cogliendoli Per cibo, intorno vai; Lascia, se poi vuoi prenderli, Ancor li troverai. VICRAMÒRVASI. —