Pagina:Vicramorvasi.djvu/56

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ATTO IV. Ape gentile, il ver tu mi confessi, Chè dir d’averla vista, affé non puoi: Se tu libato il bel profumo avessi Chc viene col respir sui labbri suoi, Non ti vedrei bear nel mite odore Chc di quella ninfèa tramanda il fiore! (avanzandoti e guardando) Oh ! l'eccelso elefante Con la diletta sua compagna allato A un tronco di Cadàmba Con l’ampio tergo, se ne sta poggiato E par chc dall'affanno e’ si consumi Rapito al gaudio de’ suoi dolci amori, Mentre s’inebria in mezzo a’ bei profumi Che lo sciame dell’api invola ai fiori (osservandolo, scn^a apprettarti) D’Olibano ad un ramo ei scherza intorno, Che ha d’un acre liquor l’essenza rara. Che di novi germogli è tutto adorno, Ed offerto gli fa dalla sua cara (prima osservando, poi appressandosi all'elefante per interrogarlo) O bel principe elefante, Tal vigore in te s’aduna Che travolgi annose piante Per trastullo ad una ad nna: Hai tu visto il bel sembiante Che in fulgor vince la luna? Non hai visto tu colei Chc turbato ha i giorni miei? La gentil, cui giovinezza Ride in cor perennemente, Che sul vago crine è avvezza Il gesmino a pór sovente, Chc d’amor quand’ha vaghezza Quasi par luna crescente, Dimmi or tu dal guardo acuto, Quella bella hai tu veduto? (ascoltando con gioia) Racconsolato io son! Con quel barrito Ch’ei manda già dalla profonda gorga M’annunzia alfine eh’ io potrò vederla !