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particolare della zoccolatura.

Villa Pia


illa Pia è un sogno ariostesco fatto realtà. Messer Lodovico medesimo non avrebbe potuto elegger meglio di questa plaga solinga, per piantarvi uno de’ suoi castelli incantati. Un’ampia convalle, verde come il catino di smeraldo dei Genovesi - lo credettero di smeraldo, e credere vale possedere - serra nel fondo un ermo laghetto, il lago d’Orta, pieno di fantastiche leggende: ivi San Giulio sbrattò dai serpenti l’isola che conserva il suo nome; ivi la sposa di un Berengario, uno dei primi re d’Italia, resistette due mesi, in un gramo castello, all’imperatore tedesco, che la lasciò uscire libera in segno d’ammirazione; ivi un duca longobardo fu mozzo del capo per fellonia, e sepolto dentro un’antica ara romana, vuotata apposta del suo nocciolo di marmo, e diventata oggi, nella chiesuola del Santo, la cassetta delle elemosine.

S’insinua nel lago, a mo’ di penisola, un colle, coronato di annose magnifiche piante, d’uno di quei boschi, che la religione degli antichi voleva sacri, e che il Cristianesimo, dove potè, ha ribenedetti. Questo qua si chiama, in effetto, il Sacro Monte d’Orta, ed è tutto sparso di cappelle, che l’arte ingenua della scultura policroma in terra cotta ed in legno ha popolate di drammi religiosi in azione. La penisoletta poi si vien connettendo alla sponda per un breve dosso erboso, che da ambo i lati sovraggiudica le placide acque. Gli è su quel dosso che Villa Pia protende i suoi terrazzi, gli è da quello che lancia in aria la sua torre-minareto.

Se la Natura aveva preparato il terreno, la Fortuna combinò a meraviglia i due elementi indispensabili a generare i miracoli dell’Arte: un mecenate e un ingegno.


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