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villa pia

sala da pranzo. Gli storici dell’arte distinguono nell’architettura araba due epoche e due maniere; la prima, che ha i suoi esemplari in ispecie nelle moschee di Medina, di Gerusalemme e di Damasco, ritrae dello stile neo-greco dei monumenti del Basso Impero, ma v’innesta due elementi suoi proprii e caratteristici: l’arco incurvato a cerchio oltre il peduccio, in figura di ferro da cavallo, e la volta stalattitica, che in cima al minareto principia, se anche timidamente, a insertare le une sulle altre, a mo’ d’alveare, le varie e alterne sue nicchioline. Nè mancano gl’imaginosi che vogliono ravvisarvi traccie della tenda nomade primitiva: nelle colonne angolari le antenne, nelle cornici a bastone le aste trasversali, nelle merlature traforate e intagliate gli ornamenti che s’infiggevano sovra le dette intelajature della tenda, nei cordoni cilindrici a spira le corde, nelle impiallacciature, infine, di preziosi marmi e di majoliche, il tessuto dei ricchi tappeti orientali.

La seconda epoca e maniera incomincia a mostrarsi nelle moschee di Amru e di Ebn Tulun in Egitto, e si svolge soprattutto durante i califfati dell’Occidente, nelle leggiadre fantasie dell’Alhambra a Granata e dell’Alcazar a Siviglia . Ivi, oltre all’arco oltrepassato e tipico, che gli Arabi chiamano sacro, comparisce l’arco acuto, non già foggiato, come l’ogiva nordica, sul triangolo equilatero o sull’isoscele, ma su due centri posti al di qua e al di là del mezzo della corda, arco che qualche


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