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villa cornaggia-medici a geno

Nel medio evo, durante le lotte fratricide fra Como e i piccoli comuni del lago, il promontorio di Geno è ricordato come punto strategico, dietro il quale, nell'insenatura settentrionale, si sono talvolta nascoste le navi, per poi piombare improvvise sul nemico.

la cappella con affreschi bertini e pagliano. Ancora al 1º febbraio 1500, quando ferveva la guerra fra gli Sforza e la Francia per il possesso del ducato di Milano, racconta Benedetto Giovio, Ascanio Sforza, disceso sino a Geno colla sua flottiglia, l'aveva spiegata al cospetto dei comaschi e aveva dato ordine di sbarcarne verso la città gli instrumenti per l'assedio; ma il terrore destato dall'arrivo di queste navi armate persuase i comaschi e i francesi, che erano con essi, a tentare di respingerle e in breve lo Sforza fu costretto a ritirarsi colla flotta dietro il promontorio di Geno, per passare poi a Cernobbio e di là giungere a Como per la via di terra.

Il beato Giovanni da Meda, che diffuse largamente nella nostra regione gli Umiliati, scelse quel promontorio per farne sede di una casa del suo ordine; ma più tardi, nel 1516, gli Umiliati fecero una permuta colla città di Como, cui diedero Geno per averne uno stabile a S. Martino e Geno fu destinato a lazzaretto, in occasione delle pestilenze, che in quei tempi tristissimi desolarono la Lombardia.

Paolo Giovio, vescovo di Nocera, fratello di Benedetto, nella Descriptio Larii lacus ricorda il genium promontorium in cui erano “case di molta grandezza con un tempio e con orti„ (vastae amplitudinis aedes, cun templo et viridariis) destinato a lazzaretto degli appestati; Sigismondo Boldoni lo vide nel 1616 “squallente ancora per rovine e quasi diruto„ (squalens adhuc ruinis ac pene dirutum) e ricorda pure come fosse destinato a lazzaretto degli appestati. E quivi, giusta il costume dei tempi, accanto alle case destinate ai contumaci e agli ammalati, furono aperte le fosse per gli infelici, vittime del terribile morbo, i nomi dei quali sono ricordati nei registri parrocchiali di Santo Agostino. Per le successive trasformazioni del luogo le loro ossa furono raccolte in una cappelletta al vertice del promontorio; ma poco dopo la destinazione di questo a villa, il piccolo ossario fu trasferito più a settentrione, alla piccola punta del “Mirabello„ formata dagli scogli pure ricordati da Paolo Giovio, che parla della “Mirabella domus„; e quivi i miseri avanzi di tante vittime sono oggetto di


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