Pagina:Vita di Dante, Petrarca e Boccaccio.djvu/137

Da Wikisource.

125

mente si dimorasse; così a la fine in grazia dello Altissimo, per quanto in conghiettura, e per ciò, che dicesi essere apparso nella morte di lui, pos siamo augurare, gloriosamente trapassato, da que sto tenebroso carcere andossene a la patria nei cieli.

È fama, che l’egregio suo discepolo chiamato Lorabardo, cui unicamente amava, e nel seno del quale morendo spirò, queste cose intorno a lui poco dopo morte abbia riferito; cioè ch’egli sul finire esalò certo sottilissimo aere nell’ultimo spiro, a guisa di nuvoletta candidissima, che qual profumo d’incenso levatasi per sino al tetto, ivi per poco posò, e quindi lento lento discioltasi, in etere limpidissimo svanì. Questo fatto sì mirabile, laddove e per autorità del summentovato discepolo, e per testimonianza di coloro, che eranvi presenti, fu comprovato, e creduto, ebbesi a miracolo di Dio, che di essere tornato a lui lo spirito del poeta, all’aperta volle indicare. Dappoichè nelle giornaliere conosciute morti degli uomini, che la comune suol riferire, queste, o simiglianti cose non mai leggiamo, essere intravvenute. In tal guisa dunque morto il nostro gloriosissimo Vate, là stesso, dicesi, essere stato sepellito in una cassa marmorea, la quale vuolsi fregiata di questi tre suoi umilissimi versi. È questo esso l’epigramma di modestia pieno.