di altri simili cose sacre; le quai poesie, troppo diverse della Divina Commedia, sono state di nuovo date alla luce dall’abate Quadrio l’anno
1752. Delle quali opere, e di alcune contese, a cui esse han data occasione, delle lettere scritte da Dante, delle poesie italiane e latine, e di una
canzon provenzale che di lui abbiamo, veggansi le tante volte lodate Memorie del sig. Pelli (§. I7 e 18.); a cui però io debbo aggiugnere che le poesie sacre che vanno unite a’ Salmi Penitenziali tradotti da Dante, credonsi dal celebre Apostolo Zeno non gia di Dante, ma o di Antonio dal Beccaio Ferrarese, o di qualche altro poeta contemporaneo del Petrarca (Lettere t.1.p. 91.) Io passo senz’altro a dire del gran lavoro a cui egli volle dare il nome di Commedia.
Essa è, come è noto ad ognuno, la descrizione di una visione, in cui finge di essere stato condotto a veder l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. E checchessia del tempo in cui ei la scrivesse, di che si è detto poc’anzi, è certo ch’ei finge di averla avuta l’anno 1300 dal lunedì santo fino al solenne giorno di Pasqua, come dai vari passi di essa raccogliesi chiaramente. Per
qual ragione ei volesse così chiamare un’opera a cui pareva che tutt’altro titolo convenisse, si è lungamente e nojosamente disputato da molti.