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ANACREONTICHE - CANZONETTE - ODI

poscia in aria taciturna
ed in bruno gonnellin

verrá a spargermi su l’urna
qualche fresco gelsomin. —

Ahi ! lo veggio, benché lasso,
benché molle di sudor,
affrettare il tardo passo
e chiamarti a nome ognor.

Ei s’aggira e si confonde;
da la selva al prato va:

chiama Fille, e non risponde
fuor che un antro per pietá.

Pastorelle sventurate,
mie compagne nel dolor,
secondatemi e stracciate
ogni nastro ed ogni fior.

Ricopritevi la fronte
d’atro panno vedovi! .

Pianga il rio, si lagni il monte
e querelisi l’ovil.

E tu, Fillide, che a l’erta
di Sionne or volgi il piè,
non recando per offerta
bianco agnel, ma bianca fé;

se P immagine ti resti
de le selve in mezzo al cor,
di’ sovente: — O lochi agresti,
v’amai sempre e v’amo ancor. —

Vivi in pace, e questo giorno
consecrato a l’amistá,
ne l’acerbo suo ritorno
dolci pianti ognora avrá. —

Qui mettendo un gran sospiro
troncò Eurilla il favellar,
e due tortore si udirò
il lamento replicar.