Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/210

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24

No, che non vide e non conobbe ancora
l’aurato sole invenzion piú vaga
da Tonde ispane ai regni de l’Aurora
e da Talgente a V infocata plaga.

Invenzion che gli animi innamora
di sua bellezza incantatrice e maga;
invenzione che poria non meno
difendere ogni dritto, ogni terreno.

25

Se nel Trace foss’io che a l’Asia impera,
or che il Russo minaccia un doppio assalto,
contro T inferocita oste guerriera
non alzerei né torrion né spalto.

Di tupé basteriami eletta schiera
e i moscoviti allor farebbon alto,
ché parrian que’ capegli ai loro sguardi
in lontananza tanti baluardi.

26

E se lá giunto, dove il gran contrasto
a soffrir ebbe de l’invitto Orazio,
ritentasse oggimai di dare il guasto
Porsenna stesso a la cittá del Lazio,
un tupé col suo giro immenso e vasto
del ponte chiuderia l’aperto spazio;
e diriasi al finir de la gran lutta:

— Un tupé sol contro Toscana tutta. —

27

Ma de’ suoi pregi altissimi non voglio
ingolfarmi nel pelago profondo,
ch’io temo d’incontrare un qualche scoglio,
il qual di botto ini mini al fondo;
e poi che veggo giá ripieno il foglio,
di piú, signori miei, non mi diffondo;
ma ripiegando il lungo scartafaccio,
a voi tutti m’inchino e qui mi taccio.