Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/253

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32

Allor soggiunse il re: — La mia discolpa
udite, amici: il malandrino a torto
d’aver tradito il naufrago m’ incolpa:
contraffacendo il nuoto ei sará morto.
Perché volger costoro in me la colpa,
s’egli è fra Tonde burrascose assorto?

Or via troviam qualche ripiego, or via
sterminiamo la razza iniqua e ria.

33

Quello intanto dirò che meglio parmi,
onde resti l’esercito percosso.

Dove scosceso è il loco ognuno s’armi;
e quando i tristi ci verranno addosso,
afferrandoli ben co le nostr’armi
dentro agli elmi, spingiamoli nel fosso,
e i furfantacci che notar non sanno,
un dopo l’altro tutti alfin morranno.

34

Bel trofeo su lo stagno alzerem poi
di tante squadre colaggiú disperse. —

Cosi gridando vesti l’arme a’ suoi
e lor gambe di malva ricoperse.

Bietole fur gli usberghi degli eroi
e il cavolo vichi gli scudi offerse:
per picca aveano un giunco, e sovra il crine
invece d’elmo chiocciole marine.

35

Or mentre s’affilar su la riviera
squassando l’aste, convoca i Beati
Giove accennando la marmaglia fiera
e i tralunghi spuntoni innalberati:
qual marcia appunto di centauri schiera
o d’ immani giganti a Tarme usati;
e chiede lor con sorridenti lumi :

— Qual de’ duo campi soccorrete, o numi?