Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/294

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16

Che ritardasi adunque? Al colle, al colle,

0 vergine felice, il piè rivogli.

Ecco flagranti d’estro ossa e midolle,
io varco in un baleno oceani e scogli.

Ma qual erta cola falda si estolle

tutta cosparsa di febei germogli?

qual gli trascorre in sen doppio ruscello?

10 non m’inganno: il bel Parnaso è quello.

T 7

Salve, sacrato monte, almo soggiorno
de le Muse, di Febo e dei poeti,
per volere d’Amor oggi ritorno
ai vecchi lauri, agli antri consueti.

Su, Elisa: egli vuol che in questo giorno
compiansi fedelmente i suoi decreti.

Ecco, il pierio sasso adoro in prima,
poi tento in compagnia l’arborea cima.

18

Antipoeti, o voi ne le cui vene

11 sangue gelidissimo ristagna,
bestemmiando il Parnaso e P Ippocrene,
radete la fangosa ima campagna,

a voi non dieder P inclite Camene
fianco da superar l’ardua montagna;
e di filosofia sotto la veste
male il difetto ricoprir vorreste.

19

Io sui vanni poetici trasvolo
al sacro in un balen vertice alpestre,
e il terracqueo sdegnando inerte suolo,
passeggio d’Orion la via cilestre.

Voi pareggiate con l’infermo volo

1 cespugli del campo e le ginestre:

io so vincere i cigni, e vosco gracchia
V invida al par di voi nera cornacchia.