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INDUSTRIE LOCALI

Nell’anno 1801 cominciò a funzionare in Varenna, e precisamente a Fiume Latte, una fabbrica di vetri di proprietà di Bernardo Venini. L’impianto di questa industria devesi attribuire alla scoperta di cave di arena silicea esistenti nel territorio di monte di Varenna. Il 26 maggio 1801 Bernardo Venini del fu Giov. Maria, prendeva in affitto da Alfonso Mornico una cava di sabbia silicea, e procedeva alla costruzione dello stabilimento in Fiume Latte. Gli inizi dell’industria non furono molto facili, perchè il Venini ebbe a sostenere lunghe questioni con la ditta Minetti e Campioni che aveva un’altra fabbrica di vetro a Porlezza, e che per timore della concorrenza contestava al Venini il diritto di valersi della sabbia silicea del monte di Varenna. Tuttavia dopo qualche anno l’industria potè affermarsi, e nel 1815 raggiunse una produzione annuale di 2500 casse, al prezzo mercantile medio L. 61,40 per cassa. I prodotti erano spacciati sui mercati di Milano, Verona, Bologna e Venezia.

Nel 1808 aveva 36 operai, tutti stranieri, per deficenza di maestranze italiane. Le famiglie di questi operai stabilitisi a Varenna vi sono poi rimaste; le troviamo ancora oggi quasi tutte. Provenivano in genere dall’Alsazia e dalla Germania ed avevano i seguenti nomi: Tilgher, Dhelflingher, Gresly, Isly, Griner, Schneider, Heffler, Stengher, Lainingher Brunner.

Questi operai erano obbligati a un lavoro molto gravoso, tanto che il parroco di Varenna dovette intercedere presso l’Arcivescovo per dispensarli dal mangiar di magro al venerdì e al sabato:

«Il Sacerdote Giuseppe Curioni parroco di Varenna, Oratore Umilissimo della S. V. devotamente espone che gli operai che lavorano nella fabbrica di Fiumelatte alla cura dell’Oratore soggetta, i quali sostengono una fatica enorme per cui asseriscono che non possono fare a meno nei giorni di travaglio di non mangiar carne nei giorni proibiti senza grave pregiudizio della propria salute, con questa ragione ne usano pubblicamente con grave scandalo della popolazione obbligando le rispettive mogli a somministragli tale cibo non senza discordie e dissensioni domestiche perchè queste ricusano di obbedirli su tale oggetto e non senza rimorso della propria coscienza. Per evitare lo scandalo pubblico e ridonar fra loro la pace, hanno in corpo pregato l’oratore suddetto di avanzare la presente supplica alla S. V. perchè voglia degnarsi assolverli dal passato trascorso ed abilitarli nell’avvenire di usare di ogni sorta di carni nei giorni proibiti quando sono obbligati a lavorare alla fornace ad un fuoco ardentissimo».

15 nov. 1820.


Nel 1844 lo stabilimento cessò di funzionare, ed i proprietari si recarono a stabilirsi a Tione nel Trentino ove impiantarono un’altra vetreria.