Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/128

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116 annie vivanti

maca fingendo di leggere, quando Aldo si avvicinò e le sedette accanto.

— Clarissa, ho venticinque anni.

Vlan! ça y est. — disse lei; e il libro le cadde dalle mani. Sentì un dolore sordo nel cuore; le sue narici impallidirono mentre solo le sovrapposte rose delle guancie continuavano a fiorire inconscie d’ogni emozione.

— Sono senza un soldo, — proseguì Aldo, cogliendo un filo d’erba e masticandolo, — e Carlo m’ha fatto capire che, se ci si provasse bene, potrebbe anche vivere senza di me.

— Ah! — scattò Clarissa, — quando l’ha detto? Come lo ha detto? Credi che abbia... credi... che pensi qualche cosa?

Aldo scosse la bella testa.

— Carlo non pensa mai niente. Ma il fatto sta che, o devo tornare al rancio del Texas, o devo prender moglie.

Il rancio del Texas era una invenzione romantica di Clarissa, fondata semplicemente su una gita di un mese fatta da Aldo a New York.

Clarissa si morse le sottili labbra scarlatte.

— Già, — disse, e tacque.

Durante la lunga pausa che seguì, Aldo colse un altro filo d’erba e lo masticò.

— M’immagino, — disse infine Clarissa, sogguardandolo traverso le lunghe palpebre semichiuse, — m’immagino che sposerai qualche vecchiaccia affettuosa con molti quattrini.

— No, no, — disse Aldo. — Le conosco, quelle lì. Quelle esigono l’affetto, e i quattrini se li tengono.

E dopo una breve pausa in cui sentiva gli occhi caldi e irosi di Clarissa pesare su di lui, soggiunse:

— Sposerò la piccola Saffo.