Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/133

Da Wikisource.

i divoratori 121



Vieni, amor mio! Vieni, è levato il sole,
È di zaffiri e d’oro il ciel cosperso,
Andiam col nostro giubilo d’amore
A mettere a soqquadro l’universo!
Andiam col gaudio nostro, andiam col riso
Audace della nostra gioventù
A sfondare le porte al paradiso
E riportarne l’estasi quaggiù!

Così Nancy sognava l’avvenire e la vita. La sua fronte era cinta d’asfodeli, la sua anima era sommersa nella felicità.

Il Libro aspettava.

All’ora del tramonto andavano in barca sul lago. Aldo, ritto presso alla vela, le sorrideva; e il cielo dorato serviva di sfondo al suo profilo.

— Oh! — sospirava Nancy, guardandolo e congiungendo puerilmente le mani. — Potrò dunque guardarti finchè i miei occhi saranno sazii di te! Finchè la tua bellezza mi sarà entrata nell’anima! La tua bellezza, Aldo, ~mi duole~! qui, — e appoggiava la mano sul petto, — mi duole, mi esalta, mi strugge.

Aldo capiva benissimo, e approvava con calmo compiacimento.

Fecero delle lunghe gite, a Premeno e a San Salvatore; e, siccome Clarissa rifiutava di accompagnarli, fu Carlo che, molto seccato, faceva loro da «chaperon».

In breve giunse Valeria. Nancy, rosea e radiosa, andò a riceverla all’imbarcadero. Valeria la baciò con molte lagrime.

— Oh, bimba mia! bimba mia! — disse; e in cuor suo avrebbe voluto che questi diciassette anni fossero stati un sogno, e che le sue braccia materne potessero ancora cingere, protettrici, la testolina della sua creatura.