Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/170

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158 annie vivanti


tava le due brevi braccia in segno d’addio, e i riccioli ambrati le cadevano sugli occhi.

— In vettura! — gridò il conduttore.

— Saremo di ritorno dopo domani, — disse Nancy per la terza o quarta volta, — anzi, forse domani.

Folse domani, — ripetè la piccola, che faceva sempre eco a quello che si diceva.

Nino si avvicinò alla finestra e stese la mano per toccare la manina della bimba.

— Cosa dici tu? — chiese ridendo. — Domani? Ma tu non sai neppure quando sia domani.

Anne-Marie lo guardò, seria... Nino sentiva nella sua mano il tepore di quella piccola mano imprigionata.

— Dunque, sentiamo: quando è domani, Anne-Marie?

Anne-Marie lo guardò, grave e concentrata.

— Domani — disse — è quando... domani è quando mi daranno sempre tutto quello che voglio.

— Ahi, che giornata lontana! — disse Nancy, ridendo.

— Molto lontana! — disse la nonna.

— Molto lontana, — fece eco la bimba.

— Partenza! — gridò il conduttore.

— Addio, Nancy! Addio, béby! — disse Valeria tremando un poco.

«Pronti!» S’udì il fischio e la campana.

Il treno si muoveva e Nancy salutò colla mano.

— Addio, mamma mia cara!

Valeria sentì nel cuore uno strappo strano e profondo.

— Addio, Nancy! Addio, béby! Addio, miei due tesori!

Il treno correva.

— Forse domani! — gridò ancora Nancy, sporgendosi dal finestrino.

Poi si ritrasse, per paura che una scintilla volasse negli occhi alla piccina.