Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/202

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190 annie vivanti

che con dita svogliate suonavo campanelli elettrici perchè i domestici mi venissero a servire?

Ciò avvenne forse ai tempi
D’Omero e di Valmichi...

Quella era un’altra Nancy. Questa Nancy trascinò i stanchi passi per ore ed ore traverso strade dritte e terribili chiamate «Avenue», con un lugubre marito da un lato, e una bimbetta piagnucolante dall’altro.

Terza Avenue... Quarta Avenue... (poi in fretta traverso la Quinta Avenue dove non sta che la gente ricca)... e giù per la sesta Avenue... e dovunque v’erano gli stessi negozi sporchi, e bambini strillanti, e ragazze impudenti, e uomini villani; e il rombo di treni sopra il capo, e il clamore e lo stridìo di tram e di trolley. Poi, finalmente, la Settima Avenue — una via tranquilla, squallida, senza treni — traversata da altre strade tranquille e squallide, dove v’erano meno bambini strillanti e meno negozi sporchi, ma delle file di case scialbe e repellenti, dei «boarding-houses», dove alloggiano gli infelici, gli stranieri, la gente senza casa, i naufraghi della vita.

Suonammo alla porta d’una di queste case che aveva l’aria più pulita e modesta delle altre. Una donna aprì. Mi guardò; guardò il mio cappello e le mie scarpe. «Cosa volete?» disse. — «Una stanza» — cominciò Aldo. La donna chiuse la porta senza rispondere.

Nella casa vicina una donna avvolta in uno sporco accappatoio di seta rosa, si affacciò alla finestra: «Se cercate stanze», disse, «qui ce n’è. Otto dollari al giorno. E i pasti un dollaro».

Nella casa seguente non prendevano bambini. Nell’altra non prendevano forestieri. Tutti ci guardavano male; stupiti e diffidenti di vederci nella loro povera con-