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316 | annie vivanti |
capelli biondi le ondeggiavano sul viso, lievi e increspati come l’acqua d’un ruscello d’oro.
La gola di Nancy si strinse, e il divino quadro tremò e si confuse davanti ai suoi occhi. Poi la mente di Nancy vacillò, ascoltando. La bambina suonava come un’artista. Trilli e arpeggi le scorrevano dalle dita come cascatelle d’argento. Talvolta un accordo pieno e sonoro ne arrestava la saltellante leggerezza; poi subito scaturivano nuovi trilli, nuove scale rapide e chiare come razzi di luce, sprizzando di musica il crepuscolo.
La mano di Nancy scivolò dall’orlo del davanzale, e un ramo del rosaio picchiò nel vetro. Subito s’udì l’acuto e insistente abbaiare del cane; rapidi passi nel corridoio — e la porta fu aperta dalla sorridente Elisabeth.
Ed ecco Fräulein tutta esclamazioni e domande, ed ecco — ecco Anne-Marie chiusa nelle materne braccia!
Palpitante e viva e stretta se la tenne sul cuore, la sua creatura, ringraziando Iddio per i morbidi capelli che le sfioravano il viso, per la fresca guancia che odorava di sapone, per l’alito dolce che sentiva d’erba e di fiori.
— Anne-Marie! Anne-Marie! Adorata! Sei stata triste? Dimmi, dimmi. Mi hai desiderata tanto? Hai avuto nostalgia di me?
Anne-Marie singhiozzava disperatamente:
— No! no! no! solo adesso! solo adesso!
— Ma adesso mi hai, tesoro mio!
— Non importa! Ma adesso ho la nostalgia, ho la nostalgia, — gridò Anne-Marie incoerente e disperata.
E sua madre la comprese. — Le madri comprendono.
— Anne-Marie! Non ti lascierò mai più. Te lo prometto.
Anne-Marie la guardò traverso le luccicanti lagrime. Sporse la manina umida.
— Parola d’onesto Indiano? — disse gravemente.