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i divoratori 351


Bemolle, rannicchiato in un angolo colla fronte appoggiata al vetro lacrimoso, pensava all’Italia.

Rivedeva un villaggetto ai piedi dell’Appennino, dove la sua vecchia madre viveva, rassegnata e solitaria, seguendo coi semplici pensieri il figlio errabondo in paesi lontani. Egli doveva ritornarle un giorno celebre e ricco: partendo non le aveva egli promesso che quando si sarebbe data la sua prima Opera alla Scala di Milano, vi avrebbero assistito insieme, loro due, in un palco colle tende di velluto rosso?... Anche l’opera di Bemolle aspettava, mentre egli correva per l’Europa portando il violino di Anne-Marie. Anche Bemolle era uno dei Divorati.

Il primo concerto a Londra ebbe luogo otto giorni dopo il loro arrivo.

Il «Manager», roseo e pulito, con una faccia di bambino ben lavato su due spalle d’Ercole, girava per i corridoi del Queen’s Hall battendo sulle spalle i conoscenti, i critici e gli intenditori.

— Che cosa ne dite, eh? Rivelazione! Miracolo! Io non ho mai creduto alla storia di Giona che ha vissuto tre giorni nella balena. Ebbene, adesso ci credo. Adesso credo a tutto. Se questa bambina può suonare così il concerto di Beethoven, non c’è una ragione al mondo perchè non si possa vivere in una balena. Non vi sono più miracoli. Non vi sono più impossibilità.

— È vero, — dicevano i musicisti inglesi. — È proprio vero. Ah! la musica! Come innalza! Come commuove! Allora domattina siamo intesi, si va a giocare al golf?