Pagina:Vivanti - Sorella di Messalina.djvu/105

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Ma ecco di nuovo il senso di terrore... un terrore mostruoso che mi prendeva alla gola, soffocandomi.

Con un urlo mi rizzai a sedere, stesi le braccia — sbarrai le palpebre...

E vidi! Vidi.

Nella penombra della camera — la camera di Rosàlia — delle figure, delle ombre stavano intorno a me. C’era Weill, e mio padre, e degli sconosciuti... e Rosàlia... Stesi la mano a lei; ella si precipitò verso di me e cadde a ginocchi accanto al letto.

Gli altri sparirono; svanirono come spazzati via in una nebbia. Non rimase che Rosàlia... e il dolore. Il dolore, lancinante, trafiggente, nelle mie tempia e nelle mie pupille.

— Iddio! Iddio, siete buono! — gridava Rosàlia, singhiozzando e ridendo e baciandomi la fronte, i capelli, le mani. — Adriano ci vede! Adriano mi vede! Dimmi, dimmi, Adriano, che mi vedi!

— Sì! sì... ti vedo! — sospiravo affranto.

Ma lei non si calmava; tutta scossa da brividi e singhiozzi, col volto vicino al mio, mi serrava le tempia tra le mani.

— Guarda! — ansava, — guarda tutto, guarda tutto! Guarda fuori, guarda il cielo!

— Dimmi che vedi! che vedi! — E cingen-